ISDE 2021: l’eccezionale Bolman Team.

International Six Days Enduro 2021.

Da poche ore si è chiusa la 95° edizione della ISDE International Six Days Enduro, il mondiale a squadre di questa specialità, l’Olimpiade della disciplina fuoristradistica, ma soprattutto un evento storico che si disputa sin dal lontano 1913.

L’Italia, che vanta una tradizione di vittorie importanti, non ha fallito quest’anno, vincendo sia il Trofeo principale che il Trofeo Junior riservato ai piloti Under 23.

Non parlerò però qui delle prestazioni dei nostri meravigliosi piloti della Nazionale, i famosi “Caschi Rossi”, come mia consuetudine ed anche come abitudine di Reparto Sportivo, vogliamo qui celebrare più le emozioni, il valore di 3 piloti di un piccolo team, il coraggio di un pensiero che già da solo vale tutto: stiamo parlando dei Piloti e degli uomini del Bolman Team “All Italian Racers”.

E se vogliamo partire dalla denominazione del team facciamo già una scoperta significativa, deriva infatti dalla fusione dei nomi di due importantissime competizioni motociclistiche internazionali, nelle quali due dei tre piloti si erano in passato cimentati e confrontati: Bol d’Or e Isle of Man TT.

Basterebbe questo per ammantare di fascino tutta questa storia, ma c’è ben di più.

Molto di più!

Inizio con i nomi e con le moto: Paolo “il Bleu” Bergamaschi, Giovanni “Giò” Bussei, Vittorio “Lollo” Veggetti sono i tre piloti che hanno portato in gara, su percorsi costituiti da mulattiere, fettucciati, sentieri e guadi, rispettivamente due BMW r80 Six Days ed un Harley-Davidson XR1000 opportunamente modificate e preparate.

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Completano la squadra Michele Lupi, giornalista dalle grandi esperienze qui Direttore del team, e Gianni Giusti, meccanico insostituibile, pilastro calmo del gruppo e uomo-ombra durante la gara.

Parlare di “vintage” qui è assolutamente fuorviante ed inesatto, sì perchè questa non è stata un’operazione di immagine o di vetrina, oppure finalizzata solamente al ritorno mediatico, qui si è trattato di sostanza, di gara vera, di tempi da rispettare e di mezzi da far correre il più veloce possibile sui sentieri polverosi della Six Days.

I piloti hanno rischiato, patito, sofferto e sudato per portare al parco chiuso ogni sera le loro moto, il tracciato di gara non era adatto a quei ferri (mai come in questo caso termine è più adatto!), ma qui sono entrate in gioco forze a volte lasciate in disparte, nascoste, oppure coperte dall’ipocrisia di certa modernità.

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I piloti del Bolman Team, fin dal primo momento in cui hanno pensato di partecipare e correre alla Sei Giorni, hanno buttato sul tavolo tutte queste dimenticate risorse e da queste hanno tratto tutte le energie necessarie per portare a compimento il loro desiderio: queste fonti inesauribili si chiamano amicizia, visione, coraggio, sogno, sfida e poesia.

In nessun momento avevano desiderato la semplice passerella alla ISDE ed in nessun momento hanno accelerato, frenato, saltato, impennato o derapato pensando a questo, in ogni secondo il loro focus era indirizzato a fare bene, ad ottenere il miglior risultato, a far valere non solo la loro perizia di Piloti, ma anche il loro valore di Uomini.

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Dice oggi il Veggetti che parla un po’ a nome di tutto il gruppo: “Le nostre scramblerate assieme, le solite del fine settimana, erano sempre così allegre e divertenti; a sera si finiva sempre in una delle nostre “officine casalinghe” attrezzata con fuoco, pasta e pentolame; per tutta la giornata si viveva un atmosfera di vera amicizia. Logico quindi che ci sia venuto il desiderio di portare questo divertimento ad un evento come la Six Days, potevamo stare assieme una settimana, correre in moto come piace a noi, divertirci e far divertire”.

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Poco importa poi come sia andata la gara, certo fino a che la sorte è stata dalla loro parte, pubblico, addetti ai lavori, giornalisti e tifosi, tutti attendevano ai CO, alla partenza delle Prove Speciali, all’arrivo al Parc Fermé, quei tre pazzi scatenati in sella alle loro moto.

Si sentivano arrivare da lontano con i loro bicilindrici che urlavano al cielo ed allora iniziava a serpeggiare tra i presenti l’emozione tipica di quei momenti veloci, momenti in cui bisogna rapire in fretta con gli occhi ogni singolo dettaglio, ogni particolare.

Un po’ come quando mio padre mi portava da bambino a vedere il passaggio del Giro d’Italia ed attendevamo per ore l’arrivo dei ciclisti tra plaid, bibite e panini al prosciutto; poi arrivava il gruppo, rumore di catene che scorrono, piedi che pedalano ed in venti secondi tutto era finito.

Non mi bastavano mai quei venti secondi, ne avrei voluti ancora, ancora ed ancora.

E così gli spettatori che assistevano al passaggio di Veggetti, di Bergamaschi e di Bussei non avrebbero più voluto smettere di sentire quel boato avvicinarsi in una nuvola di polvere, di vedere quelle posizioni dei piloti così plastiche, così demodè ma anche così eleganti, non avrebbero voluto smettere di guardare quei mezzi strappati alle vetrine del centro e violentati con grazia e dolcezza tra le terre bianche ed agricole delle mulattiere del Pavese.

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In tanti si sono prodigati per far sì che il sogno di Bolman Team arrivasse ad essere realizzato, Enduro Republic ha fornito, gestito (e rifornito di birre) l’hospitality, il Mc Gilera Arcore invece ha curato l’assistenza, ma c’è stata un’enorme schiera di persone che in modo semplice, che sembrerebbe banale, ma invece non lo è, sono stati determinanti.

Ancora il Veggetti “Per me è stata finora l’impresa sportiva più grande della mia vita, mi è piaciuto tutto di questa Six Days. Mi è piaciuto prepararla, trascorrere quasi tutto Agosto al paddock(!!), correrla con gli amici di sempre, riparare la moto al limite del tempo massimo e spingerla ormai senza forze fino al parco chiuso. Una cosa però mi ha fatto più piacere di tutte: l’entusiasmo ed il sostegno di ogni persona che abbiamo incontrato. Potevo aspettarmelo, ma certamente non me l’aspettavo in questa misura, è stata una cosa grandissima!”

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Sì perchè, come in tutte le cose dettate dal cuore si era sviluppata attorno al team, una bolla enorme fatta di individui completamente coinvolti e contagiati da questo fantastico sogno; forse più che una bolla, l’immagine più adatta a rappresentare questo sentimento è quella di una cometa dove il team costituisce il nucleo centrale ed avanzato e poi tutt’attorno e dietro un nugolo di energie e forze che spingono, sostengono, aiutano ed incitano.

E nascono proprio così le vere leggende delle corse, con la partecipazione di tutti: di ignari meccanici con garage lungo il percorso che si vedono l’officina letteralmente occupata per il tempo di due viti da aggiustare, di piloti che smontano e rimontano particolari dei motori in tempi assolutamente limitati e controllati, di servizi assistenza fatti con i furgoni delle distribuzione uova e purtroppo anche di messaggi vocali bestemmiati al telefono:

“E’ affondata nel guado e non riparte più cazzo!!”.

Tutto c’è stato e ci stava nell’International Six Days del Bolman Team, anche che il Bussei arrivi tutto infoiato sulla sua Harley-Davidson alla partenza di una PS e senza attendere il proprio orario di entrata, senza degnare di uno sguardo i Marshall, senza fermarsi proprio come uno che ti frega il taxi alla Centrale, si butti nella mischia del fettucciato ed inizi a superare piloti con le specialistiche.

Poco importa dicevo sopra se al secondo giorno a causa di rotture si sono dovuti ritirare il Bleu ed il Giò, poco importa se invece il Lollo ha lottato come un vero gladiatore per tenere in gara il suo Bmw, a volte letteralmente spingendolo, fino al quarto giorno; nulla di quegli sforzi, di quelle delusioni, di quei momenti di esaltazione, divertimento e soddisfazione andrà perduto. Quelle emozioni resteranno per sempre non solo nel cuore di chi le ha vissute in prima persona, ma anche in quello di tutti coloro che sono stati toccati da questa impresa.

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Il mondo intero si è divertito, si è commosso ed ha ammirato quei tre “italians” che hanno riportato in una gara internazionale di enduro dopo decenni, ancora dei bicilindrici Bmw ed Harley-Davidson; piloti entrati nella storia del motociclismo come Herbert Schek (tra l’altro passato a salutare il team), Rolf Whittoft, Lazslo Peres li avevano preceduti in gara con quei motori, poi il vuoto.

E a questo proposito una menzione particolare è dovuta a Paolo Bergamaschi, uomo dal fascino burbero e schivo, costruttore e preparatore delle due Bmw, pilota velocissimo, generoso e spettacolare, ma soprattutto nella vita vero gentiluomo.

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E’ per tutti questi motivi che “il viaggio” dei ragazzi del Bolman Team è stato e rimarrà per sempre un’impresa vestita di epica e di gloria, quei ragazzi hanno messo in gioco sul campo di gara ben più che le loro capacità atletiche e tecniche, c’hanno messo tutto il loro cuore, la loro storia, il loro essere Uomini.

Sapevano di aver scelto la via più difficile al loro ultimo bivio, ma sapevano anche che quella via era la più giusta, era la via del sogno.

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“c’hanno messo tutto il loro cuore, la loro storia, il loro essere Uomini.”

Scritto da Matteo Aramini.

Matteo Aramini: amante del tassello, scrittore, bon vivant, gentleman, amico.

Sapendo che stava vivendo da vicino l’impresa degli arditi del Bolman Team non potevamo esimerci dal chiedergli un suo racconto di quei sei eccezionali giorni.

Grazie Matteo!

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