Harley-Davidson XLCR 1000: il progetto segreto di Willie G.

A metà degli anni 70 all’interno dell’Harley-Davidson prende forma una sorta di progetto segreto sviluppato da tre protagonisti: Willie G. Davidson, il suo assistente Lou Netz e il tecnico del Reparto Corse Flat Track Jim Aubert.

In quel periodo Willie G. Davidson, nipote di uno dei fondatori del Marchio, è il vice presidente del Reparto Design; una figura che svolge il suo lavoro con entusiasmo, nuovi progetti gli frullano per la testa però, purtroppo, molti di questi rimangono sulla carta per mancanza di fondi.

H-D è nella mani imprenditoriali dell’AMF (American Machine and Foundries), una multinazionale con interessi nei settori più svariati, che nel 1969 ha salvato Milwaukee da sicuro fallimento grazie ad una robusta iniezione di capitali freschi. L’intenzione dell’AMF è quella di tener testa all’industria motociclistica giapponese nel segmento di mercato delle grosse cilindrate. Un’impresa ardua, vista la gamma in listino e gli elevati costi di produzione delle motociclette a stelle e strisce. Tra i frequenti scioperi degli operai e scontri tra i dirigenti riguardo alle decisosini da prendere, la produzione prosegue a singhiozzo e l’Harley sopravvive soprattutto perchè l’AMF non interrompe i finanziamenti.

E’ facile comprendere perché di fronte ad uno scenario del genere, Willie G. Davidson preferisca lavorare nell’ombra ad un progetto che si discosta radicalmente dalla tradizione del Marchio, piuttosto che informare i vertici delle sue intenzioni.

Il nome del suo progetto segreto è XLCR; le prime due lettere identificano la serie Sportster, le ultime due stanno ad indicare Cafè Racer, perchè la nuova Harley si ispira alle celebri special inglesi che spopolano all’Ace Cafè di Londra.

Willie G. Davidson, Netz ed Aubert lavorano la sera e nei week-end nell’officina di quest’ultimo, senza vincoli ed imposizioni.

Immaginano un’Harley sportiva e grintosa, monoposto, aggressiva nelle forme e con potenzialità di maneggevolezza come nessuna H-D abbia mai avuto. I tre partono da uno Sportster XL 1000, ne modificano il telaio prolungandolo nella parte posteriore, montano un forcellone posteriore in acciaio a sezione rettangolare, adottano sospensioni giapponesi.

Il motore non viene toccato, fatta eccezione per lo scarico più libero che fa guadagnare al bicilindrico una manciata di CV. I freni sono a disco mentre le ruote sono una novità assoluta: sono in lega leggera a sette razze e sono prodotte dalla inglese Morris. Il codino, compatto ed affilato, ricorda quello delle vittoriose Harley XR 750 da Flat Track.

Inedite le forme spigolose di serbatoio e fianchetti, pedane arretrate e un cupolino simile a quello montato sulla contemporanea BMW R90/S.

Nell’autunno del 1976, Willie ed i suoi due compagni d’avventura decidono di uscire allo scoperto organizzando una presentazione della loro motocicletta ai vertici dell’azienda. Il luogo prescelto è un ovale da Flat Track, la scelta non è casuale perchè la pista in terra battuta richiama immediatamente la celebre XR 750 di Jay Springsteen dominatrice incontrastata della specialità e simbolo dell’attività sportiva H-D.

Alla vista del nuovo modello il Presidente H-D John Davidson - fratello di Willie - dimostra subito un certo entusiasmo: l’XLCR potrebbe essere l’arma della riscossa, una sportiva americana in grado di contrastare le varie Honda CB750 e Kawasaki Z1 da troppe stagioni dilaganti nel mercato statunitense. Charlie Thompson, Presidente dell’AMF, resta invece impassibile. Benchè non sia un esperto di motociclette, sente che il nuovo modello non è proprio quello che i bikers americani affezionati al Marchio si aspettano; metterlo in produzione così com’è potrebbe rivelarsi un salto nel buio.

Willie G. intuisce che il suo progetto potrebbe essere sottoposto a varie modifiche per renderlo più appetibile ai gusti americani, lo difende a spada tratta e riesce a far arrivare l’XLCR alla linea di produzione così com’è stata concepita.


La nuova Harley viene presentata ufficialmente in occasione della Bike Week di Daytona nel Marzo del 1977. Superato il primo momento di perplessità di fronte ad una H-D così fuori dagli schemi, i commenti sono positivi, soprattutto da parte della stampa specializzata. La nuova XLCR è la prima Harley che viene venduta con l’impianto frenante completamente a disco, la prima ad avere un cupolino aerodinamico pensato per incrementare le prestazioni e a montare sospensioni efficaci.

Sul depliant pubblicitario il claim recita “The Thunder You Can’t Hold Back”, il tuono che non puoi trattenere, che allude all’impossibilità di resistere all’Harley più potente mai costruita, capace, con i suoi 61 CV, di tener testa alle moto giapponesi ed europee di quegli anni. Si parla anche dell’avvio della produzione, con una piccola serie a tiratura limitata che anticiperà quella vera e propria, ma non viene fornita alcuna indicazione sul prezzo. Quando viene comunicato iniziano i dolori, perchè i 3.600 Dollari richiesti sono davvero tanti, mediamente il 20% in più di qualsiasi altra moto sportiva sul mercato statunitense nel 1977.
Alla fine del 1977 vengono costruiti appena 1.923 esemplari di XLCR, metà dei quali giace invenduta presso i concessionari. Nei corridoi di Milwaukee si comincia a pronunciare la parola “flop” ma si decide di continuare almeno per un altro anno, aggiungendo anche la variante biposto, con la speranza che, almeno sul mercato europeo, il destino della Cafè Racer possa essere diverso. Alla fine del 1978 dopo che buona parte delle 1.201 XLCR prodotte sono rimaste invendute, H-D decide di gettare la spugna e la produzione viene fermata. Con alcune giacenze di magazzino all’inizio del 1979 vengono poi assemblate altre 9 unità che portano a 3.133 il numero totale di XLCR prodotte in due anni.

Nel biennio 1977-1978 H-D produce complessivamente 142.587 motociclette e le 3.133 Cafè Racer rappresentano appena il 2,2% dell’intera produzione. Una percentuale irrisoria per questo ex progetto segreto, Willie G. Davidson sperava di sfondare con un modello fuori dalla tradizione ma viene duramente punito dalle leggi di mercato. Nel 1978 i concessionari in USA propongono l’XLCR con il 50% di sconto, ma anche in questo modo non c’è verso di fare breccia nel cuore del pubblico. “Troppo poco Harley” e “la scelta di farla monoposto ha bloccato molti acquirenti” sono commenti ricorrenti.

Anche in Europa l’XLCR non riesce a scaldare gli animi perchè, come tutte le Harley, è costosa e in quei Paesi come l’Inghilterra, i motociclisti preferiscono orientarsi verso modelli di solida tradizione britannica: la proposta “yankee” non regge il paragone con le gloriose bicilindiche inglesi Triton e Norvin.

Un altro esempio europeo è l’Italia: quando nasce l’XLCR, l’AMF sta già pensando di liberarsi degli stabilimenti ex Aermacchi della Schiranna di Varese. Nel 1978, mentre negli States Willie G. celebra il settantacinquesimo compleanno di H-D guidando la sua personale XLCR da Louisville a Milwaukee in compagnia di dirigenti e giornalisti, in Italia vengono avviate le pratiche di liquidazione della fabbrica di Varese, ceduta poi ai fratelli Castiglioni. In una situazione del genere e venendo a mancare anche l’importatore il destino del nuovo modello è segnato in partenza.

Non tutto della XLCR però va perduto: il suo telaio sopravvive alla fine del modello e, a partire dal 1979, il suo schema di base viene trasferito a tutta la gamma Sportster.

Una motocicletta troppo avanti per il mercato di 43 anni fa, però, come spesso accade il tempo è galantuomo con gli oggetti che hanno caratteristiche particolari; oggi la Cafe Racer è una motocicletta rara e ricercata. Le sue forme affilate, il serbatoio squadrato, gli scarichi “siamesi” ancora oggi dividono i pareri, la si ama o la si odia. Una vera e propria icona di Milwaukee che su strada si rivela divertente e reattiva, i piedi in posizione arretrata e lo stretto manubrio accentuano la voglia di accucciarsi dietro allo striminzito cupolino, stringere tra le ginocchia il serbatoio e dare libero sfogo al bicilindrico.

Insieme ad altri modelli iconici ideati dall’estro di Willie G. Davidson come l’FXS Low Rider del 1977 e l’FXB Sturgis del 1980, l’XLCR rimarrà sempre una pietra miliare nella storia di Milwaukee.

“Immaginano un’Harley sportiva e grintosa, monoposto, aggressiva nelle forme”

Scritto da Corrado Ottone.





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